Nei giorni scorsi Gemello2 non è stato bene e a distanza di un anno abbiamo riprovato i brividi del giro al Pronto Soccorso pediatrico. Da quando sono nati i Terrible Twins siamo diventati nostro malgrado degli assidui frequentatori della Clinica de Marchi, uno degli ospedali pediatrici più importanti di Milano, e possiamo dire di conoscerla bene. Anzi, possiamo proprio dire di sentirci dei super VIP quando andiamo, perchè tutto il personale medico si ricorda di noi e quando ci vedono ci dicono “ah, sì…I GEMELLI!”
Questa volta la diagnosi di ingresso era tutto sommato soft, chi mi legge da un po’ sa che abbiamo vissuto giorni davvero difficili con Gemello1 (in questo post vi ho raccontato del suo risveglio dal coma artificiale), e questo mi ha permesso di avere la lucidità di osservare il mondo che popola il pronto soccorso pediatrico. Quello che ho notato mi ha colpito a tal punto da farmi tornare in mente i versi di Umberto Saba “Esser uomo fra gli umani / io non so più dolce cosa”.
La Compassione
Un amico mi diceva che nei momenti di forte pressione le persone tirano fuori la loro vera natura. Al pronto soccorso pediatrico la pressione è davvero alle stelle: la preoccupazione intensa per tuo figlio che sta male, l’attesa estenuante del proprio turno, l’idea di tornare a casa con la peste e una marea di bambini che gemono e piangono. Nonostante questo ci si scambia un sorriso, due chiacchiere, ci si informa sui malanni degli altri bimbi, si offre un biscotto. Si rimane umani e la cosa colpisce ancora di più se si pensa che fuori normalmente ci si ringhia addosso.
Bimbi senza frontiere
Il Pronto Soccorso di un qualsiasi ospedale a Milano è una Babele di lingue e colori. A differenza dei genitori, che magari storcono un po’ il naso e dicono “guarda quanti stranieri”, i bambini non fanno distinzioni quando si tratta di giocare e le differenze di nazionalità non sono certo un deterrente. Anzi, guardandoli ti accorgi proprio di come loro siano oltre queste cose e al massimo si discriminano per età.
I Papà chioccia
Una bella scoperta di questi giorni sono stati i papà. Lo stereotipo vuole che il genitore designato all’accudimento del figlio malato sia la mamma, invece ho trovato la smentita in corsia. In alcuni casi il bambino era accompagnato esclusivamente dal padre e in altri erano così attenti con letture e giochi da trovarsi in un attimo circondati dai bambini. Non dovrebbe destare meraviglia, ma non siamo ancora così evoluti da darlo per scontato.
Inutile aggiungere che uscire dall’ospedale fa apprezzare tantissimo la quotidianità, perché per quanto imperfetta o faticosa niente può essere più pesante di avere un bimbo che sta male.