Pavor notturno, Terrore nel Sonno. Sembra il titolo di un film horror e se lo conoscete sarete concordi nell’affermare che poco ci manca.
Io sinceramente non avevo la più pallida idea della sua esistenza fino a quando lo scorso anno Gemello 1, durante la notte o la pennica pomeridiana, ebbe le prime crisi. Dormiva e improvvisamente esplodeva in un pianto disperato, si agitava, si irrigidiva, non si calmava in alcun modo e sembrava non vedermi e non sentirmi.
All’inizio davamo la colpa ad un farmaco che doveva prendere tutti i giorni per limitare i suoi problemi legati all’asma. Poi per un periodo non è più accaduto e così pensavamo di averlo superato. Da un paio di mesi le crisi sono riapparse e probabilmente dato che è più grande, sono diventate ancora più impressionanti. Dorme e di botto inizia a piangere e urlare, a tirare calci e pugni, a sputare e graffiare. Niente lo tranquillizza. Sembra posseduto e il fatto che abbia gli occhi sbarrati ma palesemente non ci veda lo rende ancora più spaventoso. Così ci siamo informati con la pediatra e con altre preziosissime mamme e ci siamo un po’ rasserenati, però mi sono resa conto che non è sicuramente un disturbo molto conosciuto.
Ecco perché ho voluto sottoporre alcune domande ad una specialista, Mara Giani, Psicologa Psicoterapeuta e Coordinatrice del Centro Il Granchio Arcobaleno a Milano.
Prima di tutto, cos’è il Pavor Notturno?
ll Pavor nocturnus è un disturbo piuttosto frequente nei bambini e tende a scomparire in adolescenza; non ha alcun significato patologico e non ha conseguenze nel tempo. Le crisi, che solitamente durano pochi minuti, si verificano durante la prima parte della notte, quando il sonno è profondo. Durante queste crisi il bambino sembra in preda al terrore e non è contattabile con gesti o parole. Alla fine se continua a dormire e il suo sonno non viene interrotto al mattino non ha ricordi dell’accaduto.
Ci sono dei fattori scatenanti che possono favorirlo? Ci sono dei bambini più predisposti di altri a soffrirne?
Non ci sono dimostrazioni scientifiche in merito a situazioni predisponenti, alcune ricerche fanno riferimenti a stress emotivi, ospedalizzazioni, ma non è ancora nulla di sicuro.
Cosa bisogna (o non bisogna) fare durante una crisi?
Quando si assiste a una crisi di Pavor nocturnus conviene, come coi sonnambuli, non fare nulla se non accertarsi che il bambino, con i suoi movimenti convulsi non si faccia male. Il contatto può anzi far aumentare il terrore e il bambino può agitarsi maggiormente. Non bisogna svegliarlo perché dato che il sonno del bambino non è interrotto dalla crisi, svegliarlo potrebbe spaventarlo. Si può cercare di parlargli con voce tranquilla, ma non con lo scopo di farlo tornare in sé. Se strappato dal sonno profondo, circondato da facce angosciate che chiedono di cosa ha paura, il bambino può a quel punto costruire il “trauma” nel vedere i genitori spaventati, ma non per il suo disturbo.
Il pavor non è traumatico, è come gli adulti di riferimento lo vivono che può diventare un trauma.
Si possono prevenire o limitare questi episodi?
No. L’unico modo per affrontarli è in qualche modo assecondarli.
Si può curare?
No, si può solo stare tranquilli e non agitarsi e quindi aspettare che pian piano rientrino. Eventualmente un confronto con uno psicologo può rassicurare e aiutare a capire come affrontare questi momenti per non spaventarsi. Più che il Pavor potrebbe essere l’angoscia dei genitori a far vivere un’esperienza problematica al bambino.
Io ho la Sofi sonnambula. Non ha mai avuto vere e proprie crisi, ma quest’estate ha rischiato grosso cadendo dal letto a castello sul pavimento di pietra della casa dove eravamo in vacanza. È successo proprio la notte prima del suo compleanno, che abbiamo passato al pronto soccorso invece che andare a cavallo. Per fortuna si è spaccata il labbro e non la testa.