I grandi dimenticati del lockdown: i bambini.

lockdown per bambini

Abito a Milano e dal 23 febbraio le famiglie hanno dovuto affrontare uno sconvolgimento non indifferente confinando tra le pareti domestiche il lavoro e la gestione continua dei figli. Chi ha figli in età scolastica sa che la Didattica a Distanza non è semplicissima da gestire e tra lezioni on line e conference call di lavoro ci siamo ritrovati persino a fare telefonate ai clienti dal bagno.
A tutto questo aggiungiamo la paura, l’ansia, la confusione e tutti gli stati d’animo che ci hanno accomunato nei tempi più letali di questo lockdown.

I bambini non sono immuni da tutto questo. I più grandi probabilmente patiscono maggiormente questa reclusione, ma anche i piccini fanno domande. I bambini a casa con mamma e papà stanno bene, però hanno colto anche loro la straordinarietà del momento e hanno maturato timori e preoccupazioni (“la nonna muore?”, “ma la scuola non c’è più?”, “ma il Coronavirus passa anche dalle videochiamate?”). Ci sono poi bambini che vivono in condizioni meno fortunate e per cui la scuola era l’unica oasi di normalità. Ci sono i bambini che hanno bisogno di trascorrere tempo in movimento. Gli esperti dell’età evolutiva dicono che molti di loro dovranno fare i conti con gli effetti psichici e fisici negativi dovuti all’isolamento.
Io non ho suggerimenti sulla gestione di questa fase 2 e di tutte quelle che seguiranno, mi è chiaro che fintanto che non ci sarà un vaccino si navigherà a vista. Certo penso che forse più che la mascherina in casa con i nonni sarebbe più utile fare dei tamponi in più e riuscire ad individuare i positivi, mi faccio delle domande su come mai gli altri paesi siano riusciti a gestire in maniera meno drastica questa quarantena, penso sempre che anni di grandi ladronate a livello statale e regionale abbiano penalizzato sanità ed istruzione, ma mi attengo a quanto indicato dal nuovo decreto e vado avanti come fatto finora.

Se c’è però qualcosa che più di ogni altra non mi è andata giù è stata la gestione della comunicazione. 

In ogni conferenza stampa hanno sempre lasciato in un angolo famiglie e bambini, come se l’enorme sacrificio che stiamo facendo non avesse la stessa dignità di quello di runner, padroni di cani e tifosi calcistici.

Anche le parole hanno un peso e sinceramente mi sarebbe piaciuta una menzione ai bambini. Un grazie grande come una casa anche a loro che sono stati evocati solo quando c’era da parlare di untori e veicoli, ma che stanno facendo la propria parte in silenzio, adattandosi molto più di noi adulti ad una metodologia di scuola e relazione davvero nuova e alienante.

lockdown bearhunt nuova zelanda

In Norvegia la premier Erna Solberg ha indetto una conferenza stampa per i bambini, rassicurandoli sulle paure del COVID-19.
In Nuova Zelanda la prima Ministra ha lanciato l’idea di mettere orsacchiotti alle finestre per far sentire i bambini meno soli e durante una conferenza stampa li ha rassicurati sul fatto che il coniglietto di Pasqua e la Fatina dei denti, in quanto lavoratori essenziali, avrebbero continuato a fare il loro lavoro anche durante il lockdown.
In Canada il Primo Ministro ha trasmesso un messaggio per i bambini canadesi su come possono fare la loro parte nella lotta al Covid-19, trasformato in un cortometraggio Lego che è stato poi diffuso.

I bambini sono delle piccole persone, non degli esseri indefiniti di cui occuparsi. Noi genitori, tanto denigrati e tanto dimenticati, stiamo dimostrando che sappiamo fare il nostro mestiere e anche di più. Ma la politica italiana sta dimostrando di sapersi occupare dei cittadini di domani?

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