Abbiccì di Natale

Se anch’io dovessi scrivere l’alfabeto natalizio come ha fatto Micaela delle M Cronache in un suo vecchio post, farei riferimento al mio Natale da bambina. La mia mamma, insieme a tutta la sua famiglia, è venuta a Milano dal cuore della Sicilia agli inizi degli anni ’70 e come molti emigrati sono rimasti molto legati alla tradizione d’origine. Il Natale si festeggiava tutti insieme, Vigilia e giorno di Natale, a casa dei nonni e niente come quelle reunion (che poi per noi ogni domenica era Natale) mi manca di più.


A-Abbucca stu vinu. (Versa il vino) La frase di senso compiuto più
ripetuta dal nonno. 

B-Baccalà alla ghiotta. Io non mangio pesce e tutti gli anni la stessa tragedia familiare. “Ma cumu nun manci u pisci? Assaggialo“. La delusione nel vedere la mia faccia schifata faceva concludere puntualmente il tentativo con un bel “sta carusa nun capisci nenti“.
C-Carduna. (Cardi) Con l’aceto o fritti non potevano mancare sulla tavola del Natale e come li faceva la nonna vi assicuro che non li ho più mangiati.

D-Dici ca abbasta? La spesa del Natale di mia nonna avrebbe fatto impallidire i responsabili agli approvvigionamenti dell’esercito,nonostante questo mentre preparava il cenone il dubbio era sempre lo stesso: basterà? 

E-E chi è sta cosa? Il nonno era il Grinch della situazione. Era contento se stavamo insieme ma la cucina della nonna per lui era eccessiva. Davanti ad ogni nuovo piatto la domanda era sempre “cos’è sta roba?” accompagnata da un’espressione di disgusto e con tanto di “pi mmia abbastava un piatto di pasta cu sucu“. Finita la consueta filippica mangiava TUTTO come se non ci fosse un domani.
F-Famigghia. A casa mia il concetto di Natale con i tuoi era più sacro del Natale stesso. Nessuno ha mai pensato fosse possibile fare un viaggio a Natale, il Natale (così come Capodanno, Pasqua, Ferragosto e qualsiasi altra festività) si sta in famigghia.
G-Gggente. Il paradosso più grande? Guardare i soliti servizi al Tg sui pranzi natalizi e dire “miiii, quantu mancia ‘a gggenti?” (ma quanto mangia la gente?) e poi essere cazziati perché hai raccontato che a casa tua il cenone/pranzo di Natale è piuttosto articolato e lungo “cosi ‘a gggenti pensa chissà quanto mangiamo“.

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H-Hai ancora fame? Dopo tre ore a tavola la nonna riusciva a guardarti come un bambino denutrito dell’Africa nera e a chiederti se volevi ancora qualcosa, “ca manciasti picca annonna” (hai mangiato poco, annonna).
I-IIIIIIIHHH. Coro che si levava in risposta al “mi sento piena”. 

L-Lu panittone. A dimostrazione che si erano integrati perfettamente allo stile di vita meneghino la regola era concludere il pasto di Natale anche col panettone. Ma il panettone semplice era troppo da milanesi, ci voleva un panettone ammazzato da mille creme, cioccolato, canditi, robe liquorose, panna, meringhe, etc etc.

M-Mercante in fiera. Non era la sera della a Vigilia senza il Mercante in Fiera. Il nonno era sempre il banditore e lo sento ancora urlare “il lattande” e “a ciapponesa“.

N-Nonna. Il cuore del Natale e della famiglia era la nonna. La nonna che si preparava un sacco di giorni prima con la cucina, che pensava ai regali di tutti, che qualche volta nel buio e con una coperta addosso faceva Babbo
Natale, che ci cacciava in mano la mancia a mo’ di pusher dicendo “ammuccitilli” (nascondili). Nonnina mi manchi tanto.
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O-Ognuno porta qualcosa. Che nella teoria è una bella cosa: uno fa gli antipasti, uno il primo, uno il secondo e uno porta il dolce. Ma poi chi porta l’arrosto ED È DEL NORD  scopre che ci sono pure le cotolette e le seppie in umido e fino al 7 gennaio continua a domandarsi perché così tanta roba.
P-Pagnuccata. In alcune regioni si chiama struffoli o cicerchiata, in Sicilia è più nota come pignolata, a casa mia è sempre stata la pagnuccata-della-zia-Maria. Attenzione: crea dipendenza.

Q-Quando arriva Babbo Natale? La domanda per noi bambini era il mantra della serata. Fino a che a qualcuno (solitamente mia madre) giravano pesantemente e cominciavano le minacce di morte al povero Santa Klaus se solo si fosse fatto vedere nei paraggi.
R-Regali. Il Natale più bello che io ricordi è quello dei miei sei anni, forse perché è quello di cui ho ricordi vividissimi. Ad un certo punto della serata spuntarono i regali sotto l’albero della nonna e Babbo Natale mi aveva portato la casa di Barbie, quella con cui gioca oggi mia figlia.

S-Solo una friutedda. Tutto deve passare da una padella con l’olio. “Nonna, ma è fritto pure questo?” “Noooo, nunnè frittu. Ci detti giustu una friutedda.

T-Tanticchia. È l’unità di misura più misteriosa dell’universo. “Ne vuoi tanticchia?” e se rispondi sì te ne arriva una badilata nel piatto.

U-Unni è to zia? (Dov’è tua zia?) Tutto è pronto, sono già le nove di sera e chi manca? Sempre la stessa zia

V-Vigilia. A Milano se una famiglia fa il cenone la Vigilia di Natale sai già che non è milanese. Altro che inganno della cadrega.

Z-Zubbibbo. E cosa ve lo dico a fare? 


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